martedì 20 ottobre 2009

Di questi complottisti

di Stefano Pietrosanti
Viviamo uno strano periodo della nostra storia nazionale, una sorta di stasi a volte sonnolenta a volte sordida, in cui i passeggeri della democrazia italiana si trovano imbarcati su un treno in ritardo, che si muove lento e non accenna a recuperare. Come tutti i passeggeri di convogli ritardatari, in balia di guasti poco comprensibili, in noi si stigmatizzano tipologie umane “classiche”: ci sono quelli che stanno perdendo un appuntamento, totalmente concentrati sul loro mal di pancia e sonoramente o sommessamente maledicenti, chi è rassegnato e nemmeno si chiede perché, poi ci sono coloro che forse non hanno abbastanza fretta, magari sperano persino nel futuro rimborso del biglietto e quindi prendono il ritardo come una sorta di vacanza, una strana opportunità per discorrere in modo interessante. Il tanto chiacchierato meeting di Asolo delinea una situazione del genere: due gruppi di personale addetto al convoglio, un tempo certi – e alcuni con spocchia – delle ultime destinazioni del treno, forse anche dei destini ultimi dei pezzi di metallo che lo compongono, si trovano a dover ammettere il ritardo, la loro impotenza a breve termine e persino il forte equivoco su quali siano le leve di comando e sul come far funzionare gli scambi. Considerato questo, chiamano a raccolta un gruppetto di passeggeri e decidono di fare una salutare chiacchierata condivisa sugli argomenti di cui sopra. Ho avuto la fortuna di essere nel gruppetto di passeggeri chiamati a partecipare alla chiacchierata e voglio trarne due considerazioni. Prima: l’iniziativa è ottima, perché è un tentativo di creare in questo paese nuovi “salotti buoni”, canali riconosciuti di partecipazione, selettivi ma aperti, che permettano alle persone interessate di fare gruppo tra loro, scambiare contatti, discorrere. Senza questi canali, la partecipazione si restringe e passa solo per il caso, il familismo, il potere viene nutrito di se stesso e si riproduce incestuosamente peggiorando di volta in volta il suo DNA. Seconda: ci sono comunque dei chiari limiti, questi risiedono in buona parte nel “personale addetto” che ha convocato la chiacchierata. D’Alema e Fini sono due emblemi della storia politica degli ultimi vent’anni, motivazioni dietro gli effetti che prendono il nome di Berlusconi, Di Pietro e via citando; sono persone che, per gli ideali che rappresentavano e per errori personali, non si sono mai potute concedere il bellissimo dono della coerenza, crescendo se stessi e i propri figli politici apparentemente realisti ma nascostamente fragili e contorti. Però, con iniziative come questa, forse cominciano anche il lungo cammino per ripagare i debiti delle loro storie personali e non. In loro e tra i loro accoliti rimarranno sempre nostalgie irreali, frustrazioni di sogni (e incubi) perduti o mai sognati totalmente, ma promuovendo il dialogo - su temi solidi e non sui “ma anche” - tra le forze nuove, ben formate e informate di questa società, non potranno non dare nuova forza a concezioni socialiste o liberali, ma comunque democratiche, europee, civili, della gestione della vita pubblica. Sperando che il treno recuperi e che i nuovi capo-macchina non si chiudano nella cabina di pilotaggio, tra hostess e proclami poco consoni passati nel fonografo.

Nessun commento:

Posta un commento