giovedì 17 dicembre 2009

Cose di casa nostra


di Matteo Napolitano

“Ha senso consacrare la propria vita per un Paese come l’Italia?” “Certo che ce l’ha” “E se fosse una battaglia persa?” “Le battaglie in cui si crede non sono mai perse”. Rispondeva così Antonino Caponnetto, il fondatore del pool antimafia a Palermo. Se fosse ancora vivo, lui che non è una vittima delle cosche, e con lui ci fossero ancora Falcone, Borsellino, Impastato, Don Diana e tutte le vittime di mafia gli chiederei ancora “Ma ad oggi vale davvero la pena sacrificarsi per l’Italia?”
Non so se la risposta sarebbe la stessa, immagino di sì, ma l’entusiasmo di certo non risponderebbe allo stesso che c’era in quei giorni caldi e oltremodo significativi dei primi anni ’90. In questi giorni ed in quelli poco precedenti, tutte le testate giornalistiche sono e sono state occupate da titoli riguardanti la corruzione della politica da parte della mafia, argomento non nuovo, ma a quanto pare nemmeno superato, anzi, in continua ribalta. Se pensiamo al caso MOF di Fondi e alla scandalosa conferma del consiglio comunale, alle dichiarazioni del pentito Spatuzza, alle accuse contro Dell’Utri, Berlusconi e Mangano, alle rivelazioni del figlio di Ciancimino, il cui padre fu sindaco di Palermo e compagno di merende di Marcincus e Provenzano, e ai nuovi risvolti dei casi di movimenti di Procure e dell’archivio Genchi, ci rendiamo conto che gli avvenimenti legati alla malavita organizzata sono, nel nostro Paese e nella nostra provincia, sempre all’ordine del giorno.
Ciò che davvero dovremmo domandarci è, cosa facciamo tutti, me compreso, per far sì che questi argomenti non siano più all’ordine del giorno? La domanda può sembrare alquanto banale e portare a risposte futili quali “E vabé che dobbiamo fare?” o meglio “ E vabé cosa possiamo fare?” Possiamo iniziare innanzitutto a collaborare affinché la memoria non venga a sgretolarsi intitolando vie, luoghi, piazze, centri importanti di aggregazione e così via a coloro che per la mafia hanno lasciato tutto e per mano della mafia sono stati uccisi; possiamo chiedere di rendere pubblica la lista dei beni che sono stati confiscati alla criminalità organizzata nel nostro territorio, beni che fruttavano più di 80 milioni di euro, e riutilizzare tali beni per realizzare strutture adeguate alla vita sociale, politica e cittadina, senza il bisogno di rimetterli in vendita e quindi rimetterli in mani mafiose; possiamo chiedere servizi di maggiore sensibilizzazione a queste tematiche ad esempio nelle scuole e potremmo fare tante altre cose, bastano la volontà e il buon senso delle menti.
Credo che in un Paese che si confessi un rispettabile Paese democratico, non possa esserci promozione per una politica che protegge le caste e fa sì che queste si prendano gioco di altre persone, uccidendo un po’ alla volta la nostra democrazia, nello sberleffo di coloro che hanno perso la vita.
Sconfiggiamo la paura e passiamo alle azioni, cerchiamo già nel nostro piccolo di debellare le mafie.

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