sabato 3 aprile 2010

RIFLESSIONE SUL “DISCORSO TIPICO DELLO SCHIAVO”


di Martina Nasato
Fino a qualche giorno fa non avevo la più pallida idea di chi fosse Silvano Agosti. Poi, grazie ad un amico, mi sono imbattuta in uno dei ragionamenti più brillanti, dirompenti, pulsanti di vita che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare: “il discorso tipico dello schiavo”. Silvano Agosti, ho appreso in seguito, è un regista indipendente, nonché sceneggiatore, che ha collaborato con altri cineasti del calibro di Bellocchio, Petraglia e Rulli: insomma, un personaggio di tutto rispetto nell'ambiente. Eppure ad aprire la mia mente è stato un video di quattro minuti e mezzo su Youtube. “Il discorso tipico dello schiavo” è molto più di un'analisi sociologica, è piuttosto una diagnosi della società, inequivocabilmente malata. È lo schiaffo, inferto da una voce di velluto, all'infermo che abbraccia la sua malattia, che la difende. “Uno degli aspetti più micidiali dell'attuale cultura, è di far credere che sia l'unica cultura, invece è semplicemente la peggiore”. Inizia così, impetuoso e sfacciato, Silvano Agosti, che prosegue sciorinando tutte le contraddizioni del capitalismo, dall'alienazione causata dal lavoro (“Come si fa a rubare la vita agli esseri umani in cambio del cibo, del letto, della macchinetta...?”) alla morte di ogni ideale (“quello che è orrendo in questa cultura è che "leccare il pavimento" è diventata addirittura una aspirazione”). “Come si fa in un giorno a costruire la vita?” si chiede il regista: perché, in effetti, ogni settimana all'essere umano resta un solo giorno da dedicare alla propria esistenza, essendo gli altri immolati sull'altare della produttività.
Che senso ha la vita di un uomo se può essere comprata con uno stipendio mensile, nemmeno molto alto? “Non capisco perché un quadro di Van Gogh debba valere 77 miliardi e un essere umano due milioni e mezzo al mese (di lire, n.d.r.), bene che vada”. Soprattutto se pensiamo che “con le nuove tecnologie, i profitti sono aumentati di almeno 100 volte... e allora il lavoro doveva diminuire almeno 10 volte!”. E invece no. Le vite sono come risucchiate da un sistema frenetico e totalizzante, che nasconde le alternative, che comprime ed omologa la massa. Un sistema bugiardo, che non arricchisce, anzi impoverisce: “Tutto l'Occidente vive in un'area di beneficio perché sta rubando 8/10 dei beni del resto del Mondo. Quindi non è che noi stiamo vivendo in un regime politico capace di darci la televisione, la macchina...no. E' un sistema politico che sa rubare 8/10 a 3/4 di Mondo e da un po' di benessere a 1/4 di Mondo, che siamo noi...”. Ed è un sistema vischioso, al quale non riusciamo a ribellarci: “È mostruoso che il tipo debba andare a lavorare 8 ore al giorno e debba essere pure grato a chi gli fa leccare il pavimento, capisci?”. No, l'uomo questo non lo capisce più, e infatti risponde che ORMAI LA SITUAZIONE È IRREVERSIBILE. Eccolo, il discorso tipico dello schiavo, di chi difende l'oppressore: “Il vero schiavo difende il padrone, mica lo combatte. Perché lo schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà.” Forse non siamo ancora in trappola, forse esiste una via d'uscita, una finestra che ci permetta di fuggire da questa società cancerogena. Forse. “Intanto uno non deve mettere i fiorellini alla finestra della cella della quale è prigioniero, perché sennò anche se un giorno la porta sarà aperta lui non vorrà uscire”.

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