martedì 16 novembre 2010

Se la musica non cambia…


di Alessandro Lanzi
Sabato 6 novembre, io e altri amici de “L’Agronauta”, Matteo, Stefano e Andrea siamo stati al concerto di Guccini, che si è tenuto al PalaLottomatica. L’attesa per l’inizio è stata piuttosto breve e ho avuto modo di constatare nel frattempo, con stupore, la presenza di numerosissimi giovani. Verso le nove e trenta, le luci si sono spente e il “maestrone”, come di consueto con camicia rossa accesa, è salito sul palco, senza che questo spezzasse quel clima amichevole, pacifico, quasi casareccio, che si respirava nell’aria, oltre il fumo e l’odore del vino caduto qua e là a qualche spettatore.
Era la prima volta che vedevo Guccini dal vivo ed immediatamente sono stato colpito, oltre che dalla mole, dal suo modo di condurre il concerto, caratterizzato dal costante contatto col pubblico, dal dialogo intriso di politica, satira e osservazioni sul nostro Paese.
Dalle sue parole emerge ancora la voglia di denunciare, di unire per lottare, perché lui in quella locomotiva “lanciata a bomba contro l’ingiustizia” ancora ci crede; certo poi bisogna fare i conti con gli altri passeggeri, che siamo noi, i giovani di oggi.
Quindi, sembrava quasi di stare ad ascoltare un amico che, seduto in casa tua, ti suona una canzone famosa di qualcun altro e si ferma, di tanto in tanto, a discutere.
Il concerto è durato circa tre ore, ma negli ultimi quaranta minuti c’è stato lo sfoggio delle delizie: “Canzone di notte n.2”, “Eskimo”, “Farewell”, “Cirano” e l’immancabile “Locomotiva”.
Alla fine della performance eravamo ancora tutti carichi di entusiasmo e forse anche un po’ d’amarezza. Dico d’amarezza perché nasce spontanea la considerazione che quelle canzoni poetiche, di critica sociale, di lotta, provengono dalla storia di un cantautore e di giovani di un’altra generazione, che in quei testi si è riconosciuta, e sono per noi solo un’eredità.
La vera amarezza nasce quando si pensa alla nostra generazione, anoressica culturalmente, autrice e vittima della televisione, che loda quelli che Guccini in Cirano definisce “poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati…”, ed è quindi, a mio parere, incapace di porre le basi per costruire la sua identità, necessaria per il futuro, perlomeno per un futuro migliore dalle note che caratterizzano la nostra attuale società.
Per identità intendo i valori comuni che saranno posti alla base di una futura società rinnovata, in cui, utopisticamente, si spera non vi sia spazio per la corruzione, l’ingiustizia, l’emarginazione, la povertà e soprattutto le mai scomparse differenze di classe.
Reality show vari, televisione, pseudo-moda, apparenza, paraletteratura, musica che non è musica, sono spazzatura oggi e saranno spazzatura domani, ma è in questo purtroppo che si riconosce questa generazione e questa sarà l’eredità che lasciamo noi a chi verrà, perdendo quella locomotiva, che nella vita di ognuno di noi passa una volta soltanto, se la musica non cambia.

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