martedì 19 aprile 2011

Aspettando il referendum, Fukushima mon amour


di Martina Nasato
Thomas Hobbes diceva: «Non imparare dai tuoi errori. Impara dagli errori degli altri così che tu non possa farne».
Mancano meno di due mesi al referendum sul nucleare (che conterrà quesiti anche in merito alla privatizzazione dell'acqua pubblica e al legittimo impedimento), eppure l'Italia sembra vivere in una bolla. Nuove notizie, più scarne e sporadiche, ma comunque desolanti, arrivano da Fukushima, però vengono pubblicate sempre più giù, dopo le novità sul Presidente del Consiglio, il campionato di calcio, e i litigi fra Maroni e l'Europa circa la questione dei rifugiati libici e tunisini.
Fra meno di due mesi si va alle urne e la gente, probabilmente, se ne è già dimenticata, perché nessuno glielo ricorda. Molti non sanno nemmeno che bisogna votare “sì” per dire “no, non voglio la riapertura delle centrali nucleari, la privatizzazione dell'acqua pubblica e il legittimo impedimento”. La stampa tace, o quasi, sulla questione. Dopo un gran polverone iniziale, che ha costretto allo stop (momentaneo, sia chiaro) il fronte nuclearista, è sceso il silenzio sulla questione. E ormai nel nostro Paese, se di un problema non si parla (soprattutto in tv), quel problema non esiste. In realtà, e c'è da scommetterci, il problema si ripresenterà più grande di prima, dopo il referendum. Laddove non si raggiungesse il quorum (pericolo temuto) gli italiani avrebbero perso l'occasione per dire la loro da qui a cinque anni (un referendum abrogativo con lo stesso quesito non può essere riproposto in tempi minori). Su una questione delicata come la scelta della produzione di energia nucleare, è il popolo sovrano che deve esprimersi, anche perché, in ultima analisi, è la sua salute ad essere minacciata. Il resto d'Europa, che già si avviava all'abbandono del nucleare, ha ulteriormente accelerato i tempi sulla scia della catastrofe giapponese. L'Italia, invece, tergiversa, rimanda. È il caso di dire, aspetta che si calmino le acque. La gente dimentica, e in questo processo è anche aiutata da un silenzio mediatico decisamente irreale sulla questione.

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