martedì 5 aprile 2011

Il terremoto secondo Radio Maria


di Andrea Passamonti

Che le trasmissioni radiofoniche religiose possono nuocere gravemente alla salute lo aveva fatto notare una decina di anni fa Striscia la Notizia, dimostrando come l’inquinamento elettromagnetico delle antenne di Radio Vaticana fosse superiore ai limiti consentiti dalla legge.

Oggi, dopo le dichiarazioni del vicepresidente del CNR de Mattei a Radio Maria a proposito del terremoto in Giappone, è innegabile che possono nuocere gravemente anche al buon senso.

Roberto de Mattei, seconda carica del più importante ente di ricerca pubblico in Italia, è intervenuto sull’emittente Mariana a proposito del recente terremoto con un’interpretazione piuttosto originale: no, non si accenna a una nuova teoria della tettonica a placche, né a una conferma delle tesi complottiste che vorrebbero lo tsunami come arma utilizzata dagli americani per ricattare i vecchi nemici di Pearl Harbor. L’originalità sta nell’attribuire la causa del terremoto al dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Per de Mattei “Davanti alle grandi catastrofi noi vediamo la superficie delle cose e non la loro intima sostanza: vediamo la potenza livellatrice del cataclisma, ma non vediamo il disegno di Dio nascosto sotto la forza cieca della natura”. In sintesi, de Mattei considera le catastrofi un male relativo, perché “o sono un richiamo paterno della bontà di Dio, o sono esigenze della divina giustizia, che infligge un castigo meritato, o sono un tratto della divina misericordia, che purifica le vittime aprendo loro le porte del Cielo. Perché il Cielo è il nostro destino eterno”.

Non è intenzione di questo articolo riportare de Mattei sulla Terra, né convincerlo dell’insensatezza delle sue tesi: ognuno la pensa come vuole, anche se dal vicepresidente del Cnr ci si aspetterebbe ben altro. Piuttosto il fine (dell’articolo, non di Dio) è quello di evidenziare due differenze nell’atteggiamento dei cristiani nei confronti della scienza.

Il primo atteggiamento è quello di de Mattei, che sembra anteporre a qualsiasi evento terrestre il dettato divino della Bibbia, che proprio in quanto divino dovrebbe ritenersi infallibile. Se la scienza va contro le Sacre Scritture sarà la scienza a errare.

Il secondo può essere impersonato da Philip Henry Gosse (1810-1888). In “La creazione e P.H. Gosse”, Jorge Luis Borges illustra la teoria di questo zoologo inglese che nel libro Omphalos (Ombelico, con sottotitolo: “Tentativo di sciogliere il nodo geologico”) cerca di trovare una soluzione al dilemma della creazione: come può la Genesi, che richiede per la creazione del mondo solo sei giorni, essere compatibile con la moderna paleontologia (moderna nel 1857), che esige milioni di anni? Gosse elabora una teoria che prende le mosse dalla legge di causalità di Mill (lo stato dell’universo in qualsiasi istante è conseguenza dell’istante precedente), che non esclude un possibile intervento divino che interrompa la serie infinita. Per lo zoologo però l’intervento divino può accadere non solo nel futuro, ma può già essersi verificato nel passato (La creazione, appunto). Il passato precedente alla creazione, per Gosse, diventa un passato apparente. Solo ciò che è avvenuto posteriormente alla creazione può dirsi reale.

Non è questo il luogo adatto per analizzare il pensiero di Gosse, ovviamente rifiutato dalla scienza. Basta qui constatare la differenza tra chi sembra rifiutare la scienza per accettare solo la fede (de Mattei) e chi, riconoscendo indirettamente il risultato della prima, prova ad adattarvi la seconda.

Questo dunque si richiederebbe a de Mattei: cercare di trovare una compatibilità tra la scienza e la sua fede, sapendo che in caso di attrito sarà quest’ultima con tutta probabilità a essere sbagliata. Non gli resterà quindi che abbandonarla (la fede, non la scienza).

Se tra le due cose volesse anche avere il buon senso di dimettersi, la scienza tutta gliene sarà grata.

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