martedì 5 aprile 2011

L’autobus di Kerenskij

di Stefano Pietrosanti

Dice, ma ora Pennacchi s’è messo in testa di fare la lista fasciocomunista a Latina? Sì, tanto vero che ci fanno il sondaggio sul Futurista. Bene, cominciamo dai dubbi: “i fascisti sì che avevano senso dello Stato?” (almeno così riporta Repubblica il discorso dello scrittore), come no, il problema mio è di quale Stato avevano il senso. Ovvero, non è che lo Stato sia un’entità astratta e immutabile, lo Stato è la formalizzazione giuridica di una certa idea di come governare la società. L’idea che avevano i fascisti dello Stato, era l’idea di quello Stato totalizzante che amalgama con la forza i corpi sociali e costringe all’adesione etica ed estetica i cittadini, privando della totalità dei diritti politici coloro che non concordano. Oltretutto, a conferma dei dubbi che mi salgono se penso al senso dello Stato dei fascisti, mi torna in mente la riflessione all’epoca fatta da Gasset, cui sembrava che il fascismo avesse la particolarità di non essere solo illegittimo come tutti i movimenti rivoluzionari (illegittimi in quanto rivoluzionari), ma di essere illegittimo anche dopo la rivoluzione, esprimendosi in realtà come una forzatura dello Stato precedente, mai fino in fondo abolito. Questo perché aveva tra i suoi ingredienti fondamentali una bella dose di Sorel e di idolatria dell’azione diretta, l’opposto di ogni legittimità, il che mi rende piuttosto convinto che più che di senso dello Stato, si potrebbe parlare di spiccato senso della Forza e, inizialmente, delle buone occasioni.


Dice che lui s’è scocciato di destra e sinistra, che non servono più a niente e bisogna fare il partito degli uomini onesti e competenti che rimetta in piedi la baracca. Bello assai, ma a me rimane il dubbio che il problema non sia delle categorie politiche, ma delle persone che le hanno riempite negli ultimi tempi e che proprio il voler cancellare le distinzioni, il voler fare la grande ammucchiata della brava gente sia pericoloso, perché cancella la possibilità di scelta e ammazza quel tipo di Stato che piace a me: lo Stato democratico e liberale. Dice che questo Stato democratico e liberale me l’hanno levato Berlusconi, la cricca sua e la sinistra incapace da sotto il sedere da un bel po’ di tempo. Dico che c’hai ragione e che nel breve termine forse è anche il caso di farla l’ammucchiata degli onesti, perché qui tocca rifondare lo Stato e ripensare la dimensione in cui vivere la statualità, ma a me rimangono i brividi ogni qual volta si eleva questa divisione tra persone che sanno fare e persone che non sanno fare a unica categoria della politica. Diciamo che, se non piacciono più destra e sinistra, gli schizzinosi si inventino nuove distinzioni che permettano di avere un’idea su come pensano di definire le loro scelte davanti a più opzioni ugualmente fattibili e sensate, perché altrimenti, pur con tutte le buone intenzioni, nel lungo termine questo Stato lo sfasceranno.


Insomma Pennacchi è entrato a gamba tesa sulla scena politica di questa palude. Nel mio piccolo, mi sento molto distante dalle radici di quello che dice: io sono un buon borghese felice di esserlo, l’unico autobus su cui mi sento onorato di salire è quello di Kerenskij e dei visi pallidi che ciclicamente nella storia, ben intenzionati, vengono sforacchiati dal popolo che si abbandona a miti, rumori e capi. Ma una radice la sento anche mia: Latina, il sole delle strade e se da quello che credo sia un casino ideologico uscirà un’opportunità di seconda bonifica per questa terra – che è la mia terra – tutto il mio appoggio a Pennacchi e alle sue matte crasi.

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