martedì 17 maggio 2011

A Sestri ennesimo caso di pedofilia in chiesa

di Claudia Giannini
Sestri, Don Riccardo Seppia, sacerdote cinquantenne, arrestato per pedofilia.
Ditemi che è l’ennesimo caso. Venitemi a dire che ha risalto per motivi mediatici , che è l’ennesima coincidenza. Ditemelo pure ma non ci credo.
Se l’incidenza di episodi negativi è particolarmente alta in un determinato sistema, è possibile che il problema sia del sistema stesso. E questo in ogni ambito della vita sociale.
Se l’incidenza di episodi di pedofilia è particolarmente alta nel sistema ecclesiastico, è altamente probabile che il problema sia del sistema. Allora mi chiedo, di fronte all’ennesimo prete malato, è sufficiente “indignarsi”, “pregare”, “condannare” e andare avanti? No, penso sia il tempo di farsi delle domande. La Chiesa, dall’alto della sua poca umiltà, dovrebbe avere il coraggio di un esame autocritico, anche per la stessa sua sopravvivenza.
Se è la fede il pilastro su cui poggia il potere della Chiesa Cattolica, non si può credere che questa sia bastevole. Sono gli uomini a farsi e dirsi credenti, sono gli uomini a pregare e a dedicarsi completamente al proprio ideale religioso. E nel farlo, volontariamente e consapevolmente, ripiegano in sé,  serrano i propri istinti biologici.
Non è detto che non ci si possa riuscire, perché l’esperienza di fedi ascetiche, basate sulla rinuncia alla corporeità, dura da quando esiste l’uomo. Tuttavia si deve mettere in conto, a questo punto per il bene collettivo,  che non è facile, seppur lo si creda giusto, sopprimere una parte istintuale che è vera e sradicabile, in quanto naturale.
Non si tratta di dare un giudizio valoriale sulla scelta della rinuncia carnale, della spiritualità come missione di vita, perché, benché per me sia una follia, è la realtà che ancora oggi molti scelgono e con la quale dobbiamo fare i conti. Si tratta allora di far sì, che l’orientamento religioso non diventi un pericolo sociale. E per farlo bisogna accettare l’idea che gli episodi di pedofilia o di perversione sessuale, siano una criticità interna allo stesso sistema religioso. Non sostengo siano una prerogativa del sistema, com’è ovvio, ma non si può negare una coimplicazione tra fede come rinuncia alla via sessuale e episodi di rottura rispetto a questa via.
Che la soluzione sia quella protestante? Non è detto, ma sicuramente il primo passo necessario è ammettere che esiste un problema che la Chiesa deve affrontare, mettendo in discussione alcuni dei suoi  fondamenti. Se questo è il mio primo auspicio, assennato e moderato, l’altro, più radicale e decostruttivo è che questa criticità, come altre di cui la Chiesa soffre oggi, sia il preludio a un’autoimplosione che ne determini la fine.

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