giovedì 16 giugno 2011

Italiani dal quorum d’oro

di Pierpaolo Capezzera

La Primavera dei Gelsomini è arrivata. Che il vento stia cambiando è, oramai, un dato di fatto. Dopo i fatti di Napoli, Milano e delle altre città italiane che hanno assistito alla disfatta, nelle ultime amministrative, di un centrodestra ormai logoro e malmesso (ma pure di un centrosinistra che, anche nelle roccaforti più inespugnabili, ha trionfato, sì, ma da scudiero), arriva oggi l’ennesimo grido democratico del popolo italiano.
Nonostante, infatti, l’invisibile informazione, il boicottaggio e il silenzio dei politici, circa 30 milioni di persone, nelle giornate del 12 e del 13 giugno, si sono recati alle urne per rivendicare il diritto a decidere del proprio futuro. Il quorum necessario a convalidare il referendum sembrava un ostacolo insormontabile (erano 16 anni che non si raggiungeva il numero di voti necessario), e tuttavia convinzione, dedizione e forza di volontà l’hanno spuntata. La percentuale dei votanti ha raggiunto, infatti, quota 57%, dimostrando quindi una voglia di partecipare alla vita politica del Paese come mai negli ultimi anni. Inutile dire che è stato il “Sì” a trionfare in tutti e quattro i punti presentati nel referendum. Qualche perplessità, puramente formale, per quanto riguarda la percentuale sorprendentemente “bassa” riguardo il voto sul nucleare, cosa che però è facilmente spiegabile: si sapeva fin dall’inizio che, almeno riguardo gli altri tre punti, qualora si fosse raggiunto il quorum, avrebbe vinto l’abrogazione delle leggi in questione. Di conseguenza, chiunque avesse voluto votare “no” avrebbe sicuramente scelto di astenersi, piuttosto che esprimere la propria preferenza e dare così ancora più forza alla fazione contraria. Riguardo il nucleare, invece, la situazione era più delicata: lì serviva sicuramente anche il voto negativo per portare acqua al proprio mulino, senza considerare che i vari politicanti hanno dovuto prendere una chiara posizione a riguardo e, di conseguenza, andare a votare. Ma, oramai, tutto ciò non ha più importanza; il popolo italiano ha finalmente preso coscienza di sé e della propria condizione; non ha più voglia di stare a guardare mentre due burattini da quattro soldi decidono (o sarebbe meglio dire “eseguono gli ordini”?) circa la sorte dello Stato. Il punto forte di questa campagna elettorale, di contro all’oscurantismo d’informazione, è stato infatti il “gruppo”: il passaparola ha avuto un ruolo fondamentale; il dialogo è rientrato in gioco laddove non giocava da molti anni; persone di diverso colore politico si sono confrontate, affrontate, accusate, ma poi sono andate a votare insieme; il flusso migratorio alla Verdone, solo per impugnare la propria tessera elettorale, è reiniziato; centinaia di migliaia di tessere sono state riprese dalle cantine nelle quali erano state gettate anni fa.  Hanno vinto quattro “Sì”: il “sì” dell’animale sociale aristotelico; il “sì” del decidere insieme, alla faccia di religiosi, intellettuali e politici benpensanti; il “sì” alla democrazia, al potere del popolo al popolo; il “sì” di chi si chiede “Mi sono rotto le palle di una classe politica che tutto fa tranne che politica?”. È tempo di cambiare: l’Italia s’è desta.

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