mercoledì 19 ottobre 2011

"Io non sono indignato, io sono arrabbiato!"


Riccardo Di Santo

Io il 15 ottobre non ero in piazza a Roma, ero a casa a studiare perché gli esami non aspettano ideali o voglia di giustizia.
Ma a dire tutta la verità io non c'ero perché non mi ritrovo nemmeno con la forma e l'espressione di questa parola “indignados”: parola straniera che vorrebbe racchiudere tutta una voglia di cambiamento che urla come vento di burrasca e si racchiude in occhi di ragazzi a cui hanno dato il miraggio di tecnologie e possibilità e poi le hanno tolte. Io non sono indignato, io sono oltre l'indignazione, io sono arrabbiato. Sono arrabbiato dell'essere una barzelletta d'Europa se non del mondo. Sono arrabbiato che il figlio del mio vicino più potente entrerà ai concorsi non perché ha studiato ma perché è stato premiato dal suo solo essere “figlio di”. Sono arrabbiato con i ragazzi con i caschi a Roma che hanno fatto piangere e sanguinare quelli che tentavano di parlare sulle ali dei colori e della folla: a questi incappucciati ho augurato, preso dalla rabbia, più di venire feriti. Sono arrabbiato con i politici che parlano e parlano e prendono soldi su soldi. Sono arrabbiato con me stesso, che ha perso la voglia di ragionare e parlare per migliorare il tutto. Sono arrabbiato a tal punto che non me la sento più nemmeno di perdere tempo a guardare i TG o a leggere i giornali italiani per vedermi riproporre la solita solfa giornaliera.
Questo è quello che provo, una rabbia talmente forte che mi urla nella testa di scappare, correre, allontanarmi, come dalla mia più grande paura, da questo paese. Un paese che uccide e ferisce sé stesso, nelle sue parti migliori.
Ma poi leggo gli articoli dei miei co-redattori, vedo la loro voglia di vita, la loro forza basata su un ragionamento pulito, cosi lontano da quello dei potenti. Capisco che essere arrabbiato non basta e nemmeno serve. Non mi serve urlare contro i soggetti a cui do la colpa dello sfascio che stiamo vivendo come paese e come cittadini, né malmenarmi fisicamente, se non peggio. Anzi farei solo il loro gioco. Quello che serve è alzarmi la mattina e fare il mio dovere con tutta la determinazione che un uomo può trovare. Ed il mio dovere non è solo quello di uno studente universitario, ma anche e soprattutto quello di un cittadino di un paese che nella sua storia ha vissuto tutto e troppo. Adesso forse sono in grado di capire il senso della frase “People of Europe, RISE UP”.

Nessun commento:

Posta un commento