giovedì 20 ottobre 2011

"Italia - Grecia" e le cadute di stile del giornalismo italiano


di Martina Nasato
Non passa inosservato il fatto che gli accadimenti del 15 Ottobre a Roma e del 19 Ottobre ad Atene, benché molto simili, abbiano ricevuto un'attenzione e un trattamento mediatico radicalmente diversi dal giornalismo italiano.
Ad Atene, come a Roma, ci sono manifestanti pacifici e manifestanti “violenti”. Anzi lì, questi ultimi sono in proporzione maggiore rispetto a quanti se ne sono visti a Roma.
Fra i due gruppi di manifestanti, in Grecia, si è creato un rapporto di continuità: mentre in Italia si tratta di gruppi distinti che tendono ad intralciarsi a vicenda in maniera scomposta, dall'altra parte dello Ionio si è creato un legame di collaborazione e solidarietà, seppur blando e parziale.
Nella giornata del 15 Ottobre molte testate italiane hanno sfogato sui black-bloc le loro più medievali pulsioni forcaiole, ingaggiando una vera e propria caccia alle streghe che parte dal basso, senza alcun criterio né alcun rispetto per i principi di diritto liberale di cui le stesse si fanno promotrici. Non parliamo solo dei deliranti articoli di Libero o Il Giornale: persino “compagna” Repubblica ha ceduto alla voglia di “democrazia sommaria”, eleggendo i cittadini a giudici e questori, elogiando la delazione e collezionando così una serie di figuracce. La più recente, l'aver riconosciuto in un cronista de Il Tempo, per ovvie ragioni presente alla manifestazione del 15 a Roma, uno dei “capi” dei black-bloc.
Non paghi, hanno deciso di fare il bis.
Nella giornata di ieri, infatti, i commenti di Repubblica e di altre testate italiane su quanto stava accadendo in Grecia (episodi quasi identici a quelli di Roma) avevano un tono decisamente diverso. Non si parlava di black-bloc, di facinorosi, di violenti, ma di “manifestanti”. Eppure anche ad Atene i ragazzi sono vestiti di nero, distruggono vetrine delle multinazionali e cercano di assaltare i palazzi del potere.
La laconica spiegazione è stata, in breve, che infondo in Italia non c'era il casus belli, mentre in Grecia sì. Eppure nelle valutazioni che sono state fatte sul comportamento dei “black-bloc” italiani nessuno si è preoccupato di risalire gli eventi alla ricerca di un eventuale casus belli. Si sono giudicate solo le azioni. Perché un giornale italiano attua questo tipo di ricerca per quel che accade all'estero ma non per quel che accade nel suo Paese? Cui prodest?, a chi giova?
Naturalmente le critiche non si sono fatte attendere, e già oggi i toni sono stati inaspriti, inneggiando agli interventi delle forze di polizia anche contro i manifestanti di Atene.
Ma ormai la scivolata è stata fatta e i più attenti se ne sono accorti. E la sensazione che anche i giornali italiani che si presentano come i più professionali ed equilibrati, altro non siano che l'ennesimo megafono dei poteri forti è oggi una certezza malcelata.

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