sabato 22 ottobre 2011

La magie du chapiteau


Federica Rebaudengo

Un gesto morbido, curato, attento e il viso si riempie di bianco. La nube di borotalco invade il piccolo spazio adibito a camerino, cade leggera sugli improbabili oggetti sparsi sul tavolo – i cosiddetti trucchi del mestiere-, sui capelli della fotografa intenta a catturare gli istanti ingannevoli della trasformazione, cala come un sipario sulle scatole chiuse “Ah no, non posso dirvi cosa c’è lì dentro, vedrete, è una sorpresa”.
 Di tempo ce ne vuole poco, dieci minuti o poco più, perché l’uomo diventi il clown ma è un tempo dilatato seppur scandito, un tempo fuori dal tempo: è il tempo del rito, dove ogni movimento è monarca nella sua sontuosa importanza. E’ il tempo necessario affinché Paolo Casanova, il bambino che aspettava con ansia il giorno di carnevale per potersi travestire, l’affabile ex operaio in fabbrica finito in cassa integrazione per diventare poi attore di teatro, lasci il posto al timido e fiabesco Carillon dallo sguardo malinconico, ai suoi trucchi magici nascosti tra le bolle di sapone.
Varcando le porte del suo regno incantato ci si ritrova a fare i conti con la curiosità infantile, il lato atavico e incontaminato che ci portiamo appresso, il più delle volte senza rendercene conto. A bocca aperta si punta il dito verso le scarpe dal numero grandissimo “Queste le fa un artigiano delle Marche, è specializzato in scarpe da pagliaccio, sapete, le confeziona su misura e dentro ci sono delle scarpe più piccole, del mio numero, i movimenti devono essere goffi, si, ma senza quelle ci scivolo dentro”, poi verso i vari tipi di nasi rossi di cui uno è addirittura quadrato “Questi invece li faccio io, bisogna sapersi inventare, essere diversi, altrimenti si finisce col somigliare agli altri e tra clown è facile”. A pochi minuti dall’apertura della serata finale della tredicesima edizione del Festival Internazionale del Circo Città di Latina, una delle più importanti rassegne circensi, l’unica in Italia, dedicata in particolar modo agli artisti under 21 con eco a livello mondiale, Carillon – che di anni ne ha un po’ di più, cerca di spiegare quello che prova, senza riuscirci “Non è facile a parole, sapete, non è proprio ansia, nemmeno adrenalina, è che.. è da tanto che faccio questo mestiere eppure ogni volta, ecco, ogni volta questa sensazione inspiegabile prima di entrare in scena”.
A volte però la scena diventa una questione di punti di vista: le quinte offrono spettacoli parimenti interessanti rispetto a quelli proposti sul palco e non solo perché spesso ne sono un assaggio, il preludio. In un via vai di impalcature, gabbie, pedane, fili, oggetti di ogni tipo – il lavoro vitale e meticoloso dello staff tecnico, il rumore dei tacchi delle hostess e degli scatti dei fotografi si mescola ai versi degli animali e alle chiacchiere estemporanee nelle più svariate lingue europee ed extra-europee, spesso mitigate dal fumo delle sigarette. Due ragazzi della troupe Vavilov del prestigioso circo di Mosca Bolshoi, vincitrice di uno dei premi Latina d’Oro, rimangono comodamente sdraiati su un materasso da palestra intenti a guardare divertiti l’andirivieni del ceco Emil Faltyny su e giù per una scala “libera”, sorretta nel vuoto. Poco più in là due metri di sposa ungherese si chinano amorevolmente su un ometto che non supera il metro e sessanta, si prostrano in un bacio appassionato, coperto a tratti dallo sgambettare dei sodi e sensuali corpi di ballo russi e francesi, dalle natiche attorniate di piume delle pavonesse nostrane, dalle fruste e dalle sbarre dei numeri con gli animali, forse poco artistici ed eticamente opinabili – eppure lo stesso Giulio Montico, a cui è intitolata l’associazione che dal 1999 organizza il Festival, era un famoso domatore di leoni.

E’ dalle quinte che si intravedono le varie sfaccettature dell’universo del circo, le sue molteplici componenti. Accanto alle vere e proprie famiglie circensi, tra cui quella “volante” dei Martini – papà domatore, mamma acrobata, i figli prodigiosi aspiranti al Guinness dei Primati l’uno, di dieci anni, per il triplo salto mortale, l’altra, di dodici, per il salto mortale doppio ad occhi bendati, compaiono porteurs che hanno un passato e un destino da artisti di strada, un tempo equipaggio della Nave Espacial di Barcellona e giovani ginnasti capaci di trasportare il pubblico dall’atmosfera del circo a quella propria delle discipline olimpioniche. “Questo tipo di performance non trova un grande seguito nel nostro paese” spiega Sergey Malyutin, 21 anni, del duo ucraino Ars “il pubblico identifica ancora il circo come il regno per eccellenza dei clown e dei domatori, è quello il tipo di spettacolo a cui vogliono assistere. Non c’è abbastanza spazio per gli spettacoli di ginnastica e gli sport acrobatici, siamo costretti a migrare, in Germania per esempio”. E’ di un parere simile Dan Tazlauanu, 26 anni, rumeno, che insieme al coetaneo Costantin Ciobotaru presenta un numero incredibile per forza ed eleganza dei movimenti, il cui piatto forte, la presa “mano a mano” è superata per audacia solo dal “testa a testa” dei fratelli vietnamiti Giang Quoc, vincitori ad agosto del Festival del Circo dell’Havana.

La mattina del 18 ottobre 2011 alle spalle del consueto mercato del martedì del quartiere Isonzo si innalzano ancora le punte del lussuoso Chapiteau di 100m2 ma dentro ormai non c’è più nessuno. Fuori, piuttosto, tra le bancarelle di pesce e i vestiti a prezzi stracciati, gli artisti salutano con qualche compera la città che li ha ospitati per cinque giorni, in cui probabilmente non sarebbero mai approdati se non per un evento di tale portata, per molti motivo d’orgoglio e vero e proprio trampolino di lancio. Così si vede passare uno dei fratelli Gian Quoc con la sua busta in mano, il passo svelto di chi sta facendo aspettare gli altri nel pullman. I più però sono già partiti la notte prima, chi per Napoli, chi per l’est, qualcuno per Montecarlo. A rimanere sono i cartelloni, le meraviglie e le euforie del circo, le tende bianche come il borotalco, forse ancora per un giorno saranno lì da sole, forse anche due.







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