lunedì 5 dicembre 2011

Quarant'anni di Arancia Meccanica


Alessandro Lanzi

Esattamente 40 anni fa usciva negli Stati Uniti uno dei film più discussi della storia della cinema: Arancia meccanica di Stanley Kubrick.
Il film fu considerato all’epoca, dai critici più lungimiranti, un capolavoro per eleganza estetica e rapporto tra piano narrativo e immagine.
Tuttavia la bellezza, naturalmente non unanimemente riconosciuta, doveva, come nell’ossimoro del titolo, scontrarsi con il tema principale: la violenza, la sua origine, il modo di repressione/cura della stessa da parte dell’ordine costituito.
Il film non fu accolto calorosamente dalla censura nè negli Stati Uniti nè in Europa; quasi ovunque venne vietata la visione ai minori di 18 anni, in alcuni casi fu censurato del tutto. Sicuramente non si prestava molto all’accoglienza da parte dei benpensanti, infatti in Italia il titolo sul manifesto era:  ”Le avventure di un giovane i cui principali interessi sono lo stupro, l'ultra-violenza e Beethoven”.
Virtualmente possiamo considerarlo diviso in due parti simmetriche: nella prima Alex (il protagonista) compie con i Drughi (i suoi amici) violenza su donne, su un senzatetto e da solo sugli amici stessi, mentre nella seconda parte del film, in cui si capovolge la situazione, è Alex a ricevere i malfatti compiuti dalle parti lese. Questo è quanto vediamo; ma per capire la sua immortalità, la genialità che lo conduce fuori dal tempo in cui è inscritto mi affido alle parole di Kubrick stesso: “La storia va letta come satira sociale che affronta la questione se la psicologia comportamentale e il condizionamento psicologico siano nuove armi pericolose, che un governo totalitario potrebbe usare per imporre un vasto controllo sui cittadini e trasformarli in poco più che robot.” A mio parere, condividendo l’opinione di Pasolini, altro regista “scandaloso”, la televisione è stata negli ultimi decenni questo strumento nelle mani del potere. Il film subì una dura repressione quando, a seguito della sua uscita, furono compiuti atti di violenza emulatori delle scene del film stesso. Tuttavia era già noto all’epoca, grazie a dimostrazioni scientifiche, che anche dopo l’ipnosi profonda, in uno stato postipnotico, la gente non fa ciò che è contrario alla propria natura, quindi l’idea che un film possa corrompere un “buono” è una facile scappatoia per chi teme ciò che altri o loro stessi sono in grado di fare.
Infine consiglio vivamente la visione di questo capolavoro a chi finora si è affidato al semplicistico e ignorante commento: “E’ solo violenza”.

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